Il libro mostra persuasivamente la falsità dei luoghi comuni propalati dalla letteratura di ispirazione neofascista prima, e poi – nell’ultimo trentennio – da un revisionismo storiografico fazioso (a dispetto della sua conclamata imparzialità), con lo scopo di denigrare la Resistenza, di oscurarne il carattere popolare e plurale, di negare che essa rappresenti la pietra angolare della democrazia repubblicana. Identificando i partigiani tutti con i comunisti, accusandoli di essere stati assassini, vigliacchi e “rubagalline”, di avere impugnato le armi contro altri italiani (e dunque di avere tradito la patria), di essersi resi responsabili di una guerra fratricida e inutile, questa pubblicistica mira a equiparare le ragioni di chi ha combattuto per la libertà e per la democrazia con i torti di chi difendeva un regime oppressivo e corrotto, ponendosi per giunta al servizio dell’occupante straniero: “tutti colpevoli, nessun colpevole”.
Di contro a queste tesi, l’autrice rivendica l’unità delle diverse componenti politiche e sociali del movimento resistenziale; rimarca il largo sostegno offerto dalla popolazione civile alle formazioni combattenti; chiarisce che gli eccessi (ruberie, vendette private, episodi di giustizia sommaria) sono imputabili all’iniziativa di singoli individui e di gruppi isolati, i quali agirono in difformità dalle istruzioni impartite dai comandi del CLNAI; mette in risalto, infine, il contributo – anche militare – dato dai partigiani alla vittoria degli eserciti alleati contro il nazifascismo.
Chiara Colombini, Laterza, Bari-Roma 2021, euro 14,00