L’autore muove dalla constatazione dell’uso generico e improprio che viene da più parti fatto della parola “fascismo” e dell’aggettivo “fascista”, per impostare un’analisi della varietà di forme di organizzazione politica e di fenomeni culturali cui ha dato vita nel nostro Paese e nell’intero continente europeo (ma anche a latitudini più remote), con intensità crescente nell’arco dell’ultimo ventennio, l’area che si colloca fra il tradizionale conservatorismo e il neofascismo, e che qui viene ricompresa sotto la categoria di “radicalismo di destra”. Vercelli osserva che, mentre il neofascismo si proclama erede diretto e continuatore di una ben definita esperienza storica, il radicalismo di destra assume alcuni elementi di essa (nazionalismo, qualunquismo, gregarismo, anticonformismo, anti-intellettualismo, sovversivismo), ma presenta anche caratteri originali: a partire da una particolare declinazione del populismo, in cui la mistica della società organica – del “popolo”, appunto – e la rivolta contro le élites convivono con pulsioni identitarie, con istanze securitarie, con ossessioni complottiste, alimentate dagli effetti di una globalizzazione senza governo e dalla crisi delle democrazie liberali.
Da segnalare il richiamo dell’autore a non trascurare il terreno del confronto culturale nel contrasto al “neofascismo in grigio”. «La lotta per il controllo dei significati da attribuire alla lingua di senso comune – egli scrive – […] è una vecchia battaglia fascista. Intervenire sul modo in cui si raccontano le cose induce a controllare i pensieri altrui. […] Il conflitto semantico è quindi uno scontro di merito: non un’esclusiva battaglia di forme bensì una guerra sul controllo del senso da attribuire» agli eventi e ai processi reali.
Claudio Vercelli, Neofascismo in grigio. La destra radicale tra l’Italia e l’Europa, Einaudi, Torino 2021. Euro, 15,00