Questo scritto è la rielaborazione, con integrazioni, del discorso svolto da Pasquale Martino il 17 ottobre 2023 nel Museo civico di Bari, per commemorare Giorgio Salamanna a cento anni dalla nascita e per inaugurare gli incontri del ciclo di formazione dell’ANPI provinciale di Bari.
Indice dei contenuti
1. Salamanna partigiano
Giorgio Salamanna (Melpignano 17 ottobre 1923 – Bari 29 giugno 2015) è stato per 38 anni presidente dell’ANPI provinciale di Bari (1977-2015). La storia dell’ANPI barese è in gran parte intrecciata alla biografia del suo più longevo dirigente.
Giorgio Salamanna partecipa alla lotta partigiana in Jugoslavia; qui durante la guerra e fino all’armistizio presta servizio con il grado di caporale nella 151° compagnia presidiaria della Divisione Venezia (comandante il generale Giovanni Battista Oxilia), una delle quattro divisioni che compongono il XIV Corpo d’armata al comando del generale Ettore Roncaglia, con sede a Podgorica in Montenegro. Dopo l’8 settembre 1943 un terzo delle forze armate italiane di stanza in Montenegro non si arrende ai tedeschi. Il 13 settembre il generale Oxilia riunisce gli ufficiali invitando a compiere una scelta; è una «specie di referendum», così lo stesso Salamanna lo definisce in una lunga intervista1. La Divisione Venezia (circa 13.000 uomini) pressoché compatta si trasforma in unità partigiana.
Il 2 dicembre nasce la Divisione Garibaldi, costituita dalla Venezia cui si accorpa la divisione alpina Taurinense; il comando unificato resta ad Oxilia. Formalmente sottoposta per via gerarchica ai comandi italiani operanti in Italia e rimasti fedeli al re, la Garibaldi agisce di fatto come unità operativa dell’Esercito popolare di Liberazione jugoslavo (EPLJ). L’attività di una divisione italiana pressoché intatta che opera all’estero come formazione partigiana è un evento unico nella storia della II guerra mondiale e della Resistenza. La divisione Garibaldi ha avuto fra 6.500 e 8.500 caduti; la lotta in Montenegro è stata la più sanguinosa della guerra in Jugoslavia2.
A Giorgio Salamanna è stata riconosciuta la qualifica di partigiano dalla apposita commissione di riconoscimento per gli italiani che avevano combattuto all’estero3. Catturato dai tedeschi nel gennaio del ’44, è recluso nel campo di transito di Semlin (Zemun), in attesa di essere deportato in Germania. Situato sulla riva sinistra della Sava di fronte a Belgrado, il campo di Semlin è stato uno Judenlager, di transito e anche di sterminio, poi diventato soprattutto un campo di transito per prigionieri di guerra e internati militari.
Grazie alla professione di sarto – alternata all’abilità di barbiere – Salamanna è trattenuto a Semlin. La deportazione non avverrà mai perché un devastante bombardamento aereo degli Alleati provocherà un violento incendio nel campo, favorendo la fuga di un gruppo di prigionieri fra cui Salamanna. Alcuni italiani trovano rifugio presso contadini, che volentieri danno loro ospitalità ricordando l’accoglienza che in Italia, e proprio in Puglia, era stata concessa ai soldati serbi durante la Prima guerra mondiale. In seguito, Salamanna si ricongiunge con i partigiani jugoslavi combattendo fino a maggio del ’45. Rientrato in patria, a Bari, si iscrive all’ANPI il 1° settembre 1945. Nel frattempo, infatti, era nata l’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
2. La nascita dell’ANPI a Roma
L’ANPI fu costituita a Roma il 6 giugno 19445, in un momento cruciale per la lotta di liberazione in Italia e in Europa.
Soltanto due giorni prima le truppe alleate erano entrate nella capitale: evento di enorme importanza, perché Roma è la prima capitale europea a essere liberata dall’occupazione nazista. Lo stesso 6 giugno gli Alleati sbarcavano in Normandia, aprendo finalmente quel secondo fronte in Europa tante volte sollecitato dall’Unione sovietica che fino a quel momento aveva da sola sostenuto il peso dello scontro con le truppe germaniche a est. Si incominciava a scrivere l’ultimo capitolo di quel conflitto spaventoso; capitolo, però, che sarebbe durato ancora 11 lunghi mesi, fino al crollo del Terzo Reich. I partigiani dunque avevano ancora mezza Italia da liberare. Tuttavia nasceva quella che doveva essere, da quel momento in poi, la loro associazione nell’Italia liberata. E nasceva per volontà e decisione del CLN, organo politico dell’antifascismo.
Non deve sfuggire l’importanza di una genesi avvenuta a guerra ancora in corso e con investitura così autorevole e solenne. Si era a un svolta politica in Italia: il re coinvolto nel naufragio del regime fascista faceva un primo passo indietro con la nomina del luogotenente del Regno, venendo a realizzare nella sostanza l’auspicio del Congresso dei CLN tenutosi a Bari a gennaio; usciva di scena Badoglio, e si insediava il primo governo libero interamente politico, formato dai partiti antifascisti uniti nel CLN. Assai significativo, perciò, che in quei giorni il CLN che stava assumendo tutti i poteri di governo desse spazio a una decisione rivelatasi lungimirante: la fondazione dell’ANPI.
Il CLN già delineava il ruolo che i combattenti della Resistenza avrebbero dovuto svolgere anche in pace. Era questo il senso dell’appello che il 26 settembre il CLN e l’ANPI rivolgevano ai partigiani del Nord, affermando che «deposte le armi i loro compiti non sono finiti. La stretta comunione di intenti e di opere che li ha animati nell’azione militare, deve perpetuarsi nell’azione civile». IL CLN – prosegue il citato documento – «rivendica l’onore di promuovere la fondazione della grande famiglia partigiana»6. Negli intenti dei fondatori, come appare chiaro, l’associazione deve non solo svolgere compiti di assistenza, ma deve soprattutto attivarsi per un obiettivo politico: inserire i combattenti nella società democratica, renderli protagonisti della ricostruzione e della difesa della libertà conquistata a caro prezzo.
Anche quando, a partire dal 1947, dopo la rottura dell’unità antifascista, alcune componenti del partigianato, nelle dolorose separazioni della guerra fredda, daranno vita ad altre associazioni, l’ANPI resterà la più consistente organizzazione partigiana, oltretutto la sola ad aver ricevuto un’investitura così alta. Attiva promotrice e partecipe di grandi campagne politiche: fra cui i partigiani della pace. Sarebbe limitativo e sbagliato vedere questi ultimi, come si affermò polemicamente, quali strumento dell’URSS: il movimento pose il tema della riduzione degli armamenti e dello stop al nucleare militare; ne fecero parte anche cattolici come don Andrea Gaggèro, partigiano, deportato a Mauthausen, attivissimo nell’ANED, trait d’unione fra i partigiani della pace e il movimento di Aldo Capitini: nel 1961 si svolge la prima marcia della pace Perugia Assisi, due anni dopo è la volta della marcia Gravina Altamura, voluta da Tommaso Fiore.
Nel 1953 l’ANPI si batte contro la “legge truffa”, nel 1960 contro il governo Tambroni sostenuto dai voti neofascisti, negli anni ‘70 e ’80 contro il neofascismo, lo stragismo nero, i tentativi di colpo di stato, il terrorismo brigatista, e sempre in difesa della democrazia e della Costituzione nata dalla Resistenza.
3. Costituzione dell’ANPI provinciale di Bari
Subito dopo la fondazione a Roma, mentre la guerra era in corso, incominciarono a nascere le sezioni territoriali dell’associazione nelle parti d’Italia già libere.
La prima notizia riguardante l’ANPI provinciale di Bari risale al 3 dicembre 1944, quando il CLN barese conferisce al partigiano dott. Raffaele Conte l’incarico di costituire la sezione provinciale dell’associazione8. Il 3 dicembre ’44 può dunque essere considerato data di nascita dell’ANPI barese, anche in questo caso per impulso e per decisione dell’organo politico dell’antifascismo, il CLN.
Dal gennaio 1945 sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» compaiono frequenti notizie sulle attività dell’associazione partigiana. Il 13 gennaio si informa che l’Unione patrioti italiani è confluita nell’ANPI; la sede è in via Imbriani 67. 24 gennaio: l’assemblea costitutiva elegge Raffaele Conte segretario e forma un comitato direttivo. Il 27 aprile il quotidiano pubblica il comunicato di giubilo e plauso dell’ANPI per l’insurrezione nazionale del 25 aprile. Il 22 giugno un’assemblea straordinaria conferma Conte alla segreteria; la sezione barese dell’associazione dichiara ormai 400 iscritti.
Raffaele Conte sarà segretario e poi (quando sarà istituita la carica) presidente provinciale ANPI fino al 1949. La sezione Donne e uomini della Resistenza nel sito nazionale ANPI contiene una sostanziosa scheda biografica su di lui, riportata qui di seguito quasi integralmente.
Nato a Foggia nel 1913, deceduto a Bari nel 19859, medico tisio-pedriata, primo presidente dell’ANPI barese. Tenente medico del Reparto sanità della «Divisione Murge» in Croazia, Raffaele Conte, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, passò, come tanti altri soldati e ufficiali italiani, nelle file della resistenza contro i tedeschi, a fianco dell’Esercito di liberazione jugoslavo. Nelle vesti di medico, curò i feriti italiani e slavi. Poi si cimentò in un epico viaggio di ritorno verso Bari: ferito nella battaglia di Babin Potok, nel maggio del 1944 s’imbarcò, in Dalmazia, su un peschereccio. Alla guida di altri centoventi feriti. Destinazione Bari, dove nella Puglia liberata, sperava di poter far ricoverare quei reduci. Ma l’imbarcazione fu attaccata da un cacciatorpediniere tedesco. Morirono ottanta persone. Lo stesso Conte fu colpito gravemente al viso. Ciò malgrado, il peschereccio riuscì a raggiungere la costa pugliese. I superstiti furono accolti negli ospedali di tutta la regione, col consenso dei comandi alleati. Raffaele Conte assunse nel dopoguerra la presidenza dell’ANPI di Bari. E a lui spetta il merito di aver ricordato per la prima volta, nel corso di una commemorazione del 1946, il ruolo svolto dai militari italiani nei Balcani a fianco della resistenza antinazista. Conte, lasciata la presidenza dell’ANPI alla fine degli anni Quaranta per passare a quella dell’ANMIG (Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra), continuò a fare il medico a Bari, dove s’è spento alla metà degli anni Ottanta. […]
Nel 1948, il Presidium del Parlamento della Repubblica Federale Popolare Jugoslava conferì a Raffaele Conte l'”Ordine del Merito del Popolo” di 3° grado al quale seguì, nel 1949, la “Medaglia al Valore Partigiano”. (m.b.)10.
Conte entra nel Comitato Nazionale dell’ANPI in seguito al II congresso (1949). Negli organismi dirigenti nazionali, accanto a Boldrini, figurano personalità dell’antifascismo e della Resistenza, quali Luigi Longo, Emilio Lussu, Sandro Pertini nella presidenza onoraria, e nel Comitato nazionale Giorgio Amendola, la madre di Irma Bandiera (medaglia d’oro alla memoria), Ilio Barontini, Roberto Battaglia, Dante Livio Bianco, Carla Capponi, Pompeo Colaianni, Ada Marchesini Gobetti, Joyce Lussu, Cino Moscatelli, Fausto Nitti, Giovanni Pesce, Rosario Bentivegna, Giorgio Trentin (figlio di Silvio e fratello di Bruno)11.
Diventato presidente provinciale dell’ANMIG, Conte lascia la direzione dell’ANPI, di cui resterà presidente onorario.
Sotto la presidenza Conte viene raccolto il grosso delle iscrizioni all’associazione; l’afflusso degli iscritti – partigiani, patrioti (fra cui una piccola ma significativa pattuglia di donne) e, in misura minore, parenti di caduti – si prolungherà fino ai primi anni ’50, come documentato dai fascicoli personali, preziosa sezione dell’archivio ANPI provinciale. Di tali fascicoli ne restano nell’archivio poco più di 1600.
Dopo il fondatore, si succedono alla guida della sezione provinciale barese, nell’arco di un ventennio, altri quattro presidenti:
- 1949-1950: Giuseppe Monteleone, di Santeramo in Colle, vicecomandante di battaglione della Brigata Garibaldi Antonio Gramsci (Italia centrale);
- 1951-1958: Michele Laforenza, di Acquaviva delle Fonti, 8a divisione Garibaldi “Asti”, 100a brigata d’assalto Vignale;
- 1959-1968; Corrado Saracino, nato a Bari, attività partigiana svolta in Lazio;
- 1969-1970: Catello Lerario, nato a Bari, partigiano all’estero12.
Della presidenza Saracino si conserva una significativa testimonianza: la visita, nel 1967, di una delegazione di partigiani jugoslavi a quello che oggi viene denominato «Campo 65», conosciuto dagli jugoslavi come «campo di Gravina», dove, nel quadro della collaborazione fra EPLJ e Alleati, furono organizzate e addestrate la brigate d’Oltremare, che si sarebbero poi trasferite al di là dell’Adriatico per combattere in patria. La visita testimonia il costante rapporto di amicizia fra i partigiani baresi e jugoslavi, che sarà rafforzato negli anni della presidenza Salamanna, anche in virtù della militanza di Salamanna stesso nella Resistenza jugoslava. Egli parteciperà a Belgrado, nel 1984, alle celebrazioni per il Quarantesimo della Liberazione della capitale.
4. La presidenza di Aramis Guelfi
Come detto sopra, Giorgio Salamanna si era iscritto all’ANPI di Bari fin dal 1945. Si stabilì nel capoluogo pugliese dove avviò una apprezzata sartoria; sposò Fausta Rizzelli (1929-2020) che fu sempre sua compagna sia nelle manifestazioni dell’ANPI sia nella vita di partito che entrambi intrapresero, militando nella sinistra socialista, prima nel PSI, poi nel PIUSP e infine nel PDUP. Ebbero due figlie, Maria Pia e Giovanna.
Gli anni ’70 del Novecento rappresentarono una fase di rilancio nell’impegno dell’ANPI di Bari. Salamanna ne fu un protagonista, assecondando la direzione impressa dal nuovo presidente, eletto nel 1971: Aramis Guelfi, una personalità di notevole statura politica.
Guelfi non era pugliese. Nato a Livorno nel 1905, maestro d’ascia, era stato un antifascista e perseguitato politico durante il Ventennio. Aveva scontato quattro anni di carcere a Civitavecchia. Dopo l’armistizio era entrato nella Resistenza, combattendo in Toscana. Nel dopoguerra fu segretario della federazione livornese del PCI, e dal 1950 fu inviato dal partito a Bari per dirigerne la federazione provinciale; fu segretario fino al 1953. A Bari sposò la socialista e sindacalista Ada Del Vecchio, che dopo l’incontro con Guelfi aderì al PCI e nel 1953 fu eletta deputata. Dalla loro unione nacquero le figlie Vilma e Vera. Negli anni ’60 entrambi i coniugi si allontanarono dal PCI14.
Guelfi è eletto presidente dell’ANPI provinciale nel 1971, nel cuore di anni critici e decisivi per la storia della Repubblica. Il decennio ’70, che ha al centro il trentennale della Liberazione (1975), segna un’intensa crescita dell’antifascismo, sostenuto tanto dai partigiani e dagli antifascisti “storici”, quanto dalla giovane generazione che viene dalle lotte del ’68-69. I rapporti fra le due componenti generazionali non sono sempre idilliaci, ma la drammaticità delle situazioni di scontro con le tendenze reazionarie spinge alle convergenze unitarie: le mobilitazioni contro lo squadrismo neofascista, la stragismo nero, i tentativi di golpe o di involuzione antidemocratica del sistema politico sono all’ordine del giorno. Aramis Guelfi interpreta attivamente la fase politica rendendo l’ANPI un soggetto protagonista della scena pubblica barese. Sarà proprio Salamanna, in una lettera del 1985 inviata alla direzione nazionale dell’associazione, a definire Guelfi come il «vero artefice della riorganizzazione dell’ANPI provinciale barese»15.
Il 6 dicembre 1971 si svolge a Bari una manifestazione antifascista, con la partecipazione di migliaia di persone provenienti anche dalla provincia; nel comizio, che si tiene in piazza Prefettura, parla per primo Aramis Guelfi neopresidente dell’ANPI: «Non è sufficiente – dice fra l’altro – che solo a parole ci si dichiari difensori dell’ordine democratico e repubblicano, quando nella pratica si continua a tollerare il fascismo organizzato e lo squadrismo di infausta memoria»16.
Nella relazione introduttiva all’VIII congresso provinciale dell’ANPI, Guelfi dichiarerà 2.000 iscritti e 26 sezioni17: totali che superano i numeri raggiunti dai due comitati provinciali di Bari e BAT nel 2023. Verosimilmente gli anni della presidenza Guelfi costituiscono il periodo di maggiore espansione dell’ANPI in Terra di Bari; soprattutto se si tiene conto che gli iscritti erano allora quasi tutti, a vario titolo, combattenti della guerra di Liberazione in Italia e all’estero o, in misura minore, parenti di partigiani caduti. In quegli anni l’ANPI provinciale ha casa negli accoglienti locali di via Francesco Lombardi 12, una traversa di corso Vittorio Emanuele II, nel centro cittadino, la sede più bella e più prestigiosa che abbia ospitato l’associazione partigiana nel capoluogo pugliese. I decenni seguenti, invece, avrebbero segnato l’inizio di un graduale declino delle iscrizioni, a causa della lenta, progressiva scomparsa dei combattenti.
Vengono realizzate e affisse per iniziativa dell’ANPI di Guelfi varie epigrafi commemorative tuttora oggetto di onori nel corso delle manifestazioni pubbliche: fra queste, l’epigrafe per i caduti partigiani di Bari e provincia, sulla facciata del Comune capoluogo, e quella per i lavoratori postelegrafonici che parteciparono ai combattimenti contro i tedeschi il 9 settembre 1943, visibile a Bari nella sala delle ex Poste (oggi centro polifunzionale degli studenti universitari). Nel 1974, alla presenza di Arrigo Boldrini, presidente nazionale dell’ANPI, venne conferita dal Comune la medaglia d’onore a Michele Romito, che, quindicenne, aveva fermato con un lancio di bomba a mano un’autocolonna germanica durante la battaglia del porto, lo stesso 9 settembre ’43.
Il comitato direttivo eletto al termine dell’VIII congresso designò due presidenti onorari, Raffaele Conte e Sabino Fiore (padre quest’ultimo del partigiano barese Vito Fiore, caduto ventenne in combattimento) ed elesse, per affiancare Guelfi, due vicepresidenti provinciali: Giorgio Salamanna, che ottenne anche l’incarico di responsabile amministrativo, e Michele Laforenza (già presidente negli anni ’50) che venne designato responsabile organizzativo18. Salamanna era pronto, dunque, ad assumere la massima responsabilità dell’associazione provinciale quando Guelfi avesse lasciato l’incarico. Guelfi, però, morì improvvisamente il 5 agosto 1977.
Era arrivato il momento di Giorgio Salamanna.
5. Salamanna presidente
Salamanna fu eletto presidente provinciale dell’ANPI il 9 ottobre 1977. Pochi giorni dopo, inviò una lettera a Ada Del Vecchio, vedova di Guelfi, comunicandole la propria avvenuta designazione;
«il ricordo del caro Aramis – aggiungeva – è sempre vivo e presente nel mio cuore e nella mia mente»19.
Il presidente appena eletto si trova subito a fare i conti con il più grave delitto neofascista compiuto a Bari nell’età repubblicana: l’assassinio del giovane comunista Benedetto Petrone, avvenuto il 28 novembre del ‘77. Il giorno dopo, quando si svolge a Bari una grande manifestazione antifascista di sdegno e protesta, un comunicato dell’ANPI firmato da Salamanna esprime
«solidarietà militante ai parenti e ai compagni», denuncia la responsabilità del MSI, chiede la chiusura della sezione Passaquindici «ricettacolo di squadristi e provocatori» e della sede centrale del MSI a Bari20. Nel gennaio 1978, l’ANPI si costituisce parte civile (con ANPPIA, MLS e Partito radicale) nel processo per ricostituzione del partito fascista, a carico di quindici squadristi alcuni dei quali sono coinvolti anche nelle indagini per il delitto Petrone. Il processo si concluderà con la condanna soltanto di alcuni imputati, e non per il reato principale, ma per «attività fasciste».
A marzo dello stesso anno il sequestro di Aldo Moro e l’eccidio della sua scorta a opera delle Brigate rosse sconvolge l’Italia e colpisce con particolare durezza la città di Bari, che del professore e presidente della DC è stata la culla culturale, ecclesiale, accademica, politica. L’ANPI decide di tenere a Bari il proprio Comitato nazionale, e di seguito il Consiglio nazionale, nei giorni 7 e 8 aprile, mentre il 9 aprile si svolge nel capoluogo pugliese una grande manifestazione unitaria antifascista e antiterrorista, cui partecipa anche il MLS, principale forza della sinistra extraparlamentare: nel comizio conclusivo prendono la parola il sindaco di Bari Nicola Lamaddalena, il presidente della Provincia Gianvito Mastroleo, Maria Santoro a nome dei movimenti femminili dei partiti, il segretario regionale della CGIL Giuseppe Iannone, il presidente della Regione Nicola Rotolo e, per ultimo, Arrigo Boldrini presidente nazionale dell’ANPI21. Giungeranno poi, all’ANPI barese, diversi messaggi di ringraziamento dalla dirigenza nazionale e da altre ANPI provinciali per la riuscita organizzativa e politica della riunione del Comitato nazionale e della manifestazione antifascista.
Fra i messaggi di congratulazioni, spicca quello di Remo Scappini, senatore e capo partigiano di Genova (nelle sue mani i tedeschi avevano consegnato l’atto di resa il 25 aprile 1945), al quale Salamanna resterà affettuosamente legato. Nell’archivio storico dell’ANPI provinciale di Bari è documentata la corrispondenza fra i due e il rapporto di intensa amicizia fra le coppie Salamanna- Rizzelli e Scappini-Chiarini. Vi si parla del progetto di promuovere a Bari la presentazione del libro di Rina Chiarini, La storia di Clara (La Pietra, 1982), che narra l’esperienza partigiana dell’autrice (medaglia d’argento al valor militare; Clara è il nome di battaglia).
Intanto nel 1980, nell’imminenza della festa del 25 aprile, l’ANPI barese con l’intero comitato unitario antifascista aveva chiesto al comune di onorare «l’impegno assunto dal Consiglio di intitolare una strada o piazza cittadina a Benedetto Petrone, il giovane comunista assassinato nel ‘77»: si dovrà attendere più di un quarto di secolo perché via Benedetto Petrone diventi una realtà, grazie ancora all’impegno dell’ANPI e del Comitato 28 novembre, e alla disponibilità di una amministrazione comunale non ostacolata da contrarietà o ambigue timidezze verso quella proposta. Nella stessa occasione del 1980, inoltre, il comitato antifascista chiedeva al Comune di realizzare «una lapide da apporre preferibilmente alla facciata del palazzo municipale per ricordare il sacrificio dei martiri (purtroppo numerosi) della “nuova Resistenza”»22. Notevole suggestione, destinata a non concretizzarsi, se non per la targa che commemora le vittime baresi della strage della stazione di Bologna (strage avvenuta proprio pochi mesi dopo l’appello citato del comitato antifascista!). Suggestione da riprendere forse, ancor più opportuna oggi, quando si propongono ricostruzioni vittimistiche sugli anni ’70, all’insegna di narrazioni assolutorie che descrivono i neofascisti esclusivamente come vittime di violenze.
Nel 1980, il partigiano diventato presidente della Repubblica, Sandro Pertini, in visita a Bari, aveva onorato in piazza Umberto I il complesso monumentale per i caduti del 28 luglio ’43. Nel 1984, il Quarantennale del Congresso dei CLN tenutosi a Bari nel gennaio 1944 vede ancora l’ANPI protagonista delle celebrazioni. Interviene Arrigo Boldrini, con il presidente del Senato Francesco Cossiga. La ricorrenza fu una dimostrazione – fra le molte che si potrebbero citare – di una memoria del movimento di Liberazione che si conservava ancora viva, di una consapevolezza del contributo non irrilevante dato dal Meridione – e da Bari – alla lotta antifascista. Lo storico Giorgio Spini, che svolse la relazione scientifica a quella manifestazione commemorativa, affermò:
«i profeti disarmati del Sud ebbero il compito terrificante di far capire agli Alleati che l’Italia non era quella screditata del re e di Badoglio. Col previsto sbarco in Normandia e con la programmata offensiva di Stalin da Est l’Italia rischiava di diventare un fronte secondario e di subire soluzioni politiche sottobanco. La democrazia parlamentare attuale nacque a Bari. Ed è anche merito di quel congresso se gli Alleati non pensarono mai a spartirsi l’Italia»23.
Molti partigiani, antifascisti di vecchia data, combattenti, sedevano nel teatro Piccinni ad ascoltare quelle parole. L’ANPI provinciale di Bari era in buona salute. Per il X congresso provinciale, in preparazione di quello nazionale che si sarebbe svolto a Milano il 10-13 dicembre 1986, la Terra di Bari dichiarava 860 iscritti24. Nel 1984 erano 880, nel 1985 79525. Il tesseramento tendeva a calare rispetto ai numeri dell’VIII congresso sopra citati: fenomeno, come si è detto, inevitabile per il graduale venir meno dei combattenti, anche se il processo era a quel tempo soltanto incipiente. Il livello di iscrizione di metà anni ’80 è ancora più che cospicuo. Al IX congresso (1981) avevano preso parte 25 sezioni. Nel X sono 20: Acquaviva, Adelfia, Altamura, Bari, Bitonto, Carbonara-Bari, Gioia, Gravina, Modugno, Mola, Monopoli, Noicattaro, Palo, Ruvo, Santeramo, e, nel Nord Barese (futura BAT), Andria, Barletta, Bisceglie, Trani, Spinazzola26.
A cavallo degli anni ’80-90 Salamanna realizza il medagliere dell’ANPI provinciale di Bari, che include 200 medaglie, con incisi i nomi di altrettanti partigiani nati in provincia di Bari. In quegli anni si stringe anche il rapporto con l’IPSAIC (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea), che, fondato da Tommaso Fiore (morto nel 1973), vedeva all’epoca la sua figura di spicco in Vittore Fiore, figlio di Tommaso e, a sua volta, personalità eminente dell’antifascismo e del meridionalismo (verrà a mancare nel 1999). Inoltre, Salamanna si dedicava alla custodia del prezioso archivio storico dell’ANPI provinciale, arricchendolo con i materiali dell’attività svolta nel corso degli anni.
Si conserva utile documentazione sul 25 aprile 1992; alle celebrazioni di Bari prese parte, per la dirigenza nazionale ANPI, la medaglia d’oro Giuseppe Maras, che nel suo discorso ebbe a dire, fra l’altro: «È in corso una vergognosa campagna con lo scopo di denigrare la Resistenza, matrice di quel mirabile documento che è la nostra Costituzione, proprio per facilitare l’attacco a quest’ultima che ormai comincia a dare fastidio a troppa gente»27.
Parole profetiche: prendeva le mosse allora la campagna “revisionistica” che, poco dopo, avrebbe avuto ampio risalto nell’èra berlusconiana, con l’avvento degli eredi della Repubblica di Salò nell’area di governo. Chi non aveva preso parte alla nascita della Costituzione antifascista, anzi l’aveva osteggiata, avrebbe preteso, nel trentennio successivo, di appropriarsene stravolgendola, con l’aiuto – involontario o consapevole – di chi doveva difenderla. Si preparavano, di nuovo, anni duri per l’ANPI e per l’antifascismo. Tanto più che le forze dei partigiani venivano meno.
Quando, nel 2006, al XIV congresso, prendendo atto della inarrestabile rarefazione della componente partigiana, l’ANPI decide di aprire le porte, a tutti i livelli, agli antifascisti e delle antifasciste, l’ANPI provinciale di Bari ha ormai pochi iscritti e la maggior parte delle sezioni è chiusa. Anche a Bari, dunque, prende il via l’apertura alle generazioni degli antifascisti venuti dopo la fine della guerra. Al XV congresso provinciale (2011), cui non partecipano i comuni della nuova provincia BAT, il comitato direttivo che viene eletto comprende ormai soltanto tre partigiani (Salamanna, confermato presidente, Benedetto Armenise e Francesco Schiavone), e inoltre Pasquale Mininni, il «ragazzo di Bari Vecchia» testimone e protagonista del 28 luglio e del 9 settembre 1943. Gli altri componenti dell’organismo sono “antifascisti degli anni ’70”, che costituiranno, quasi tutti, il nucleo della futura ANPI dei decenni 2010-2020.
Nello stesso anno 2011, significativamente, viene deposta – in memoria di Michele Romito e dei combattenti baresi del 9 settembre ’43 – la prima della serie di “pietre d’inciampo” progettata e realizzata per l’ANPI e per il Comune dall’architetto Arturo Cucciolla. E viene stretto un rapporto di collaborazione fra ANPI e CGIL che si rivelerà assai fecondo: un primo momento pubblico di grande rilievo è la manifestazione per i 90 anni della difesa della Camera del Lavoro di Bari Vecchia (2012), nel corso della quale viene collocata la seconda pietra d’inciampo. Le organizzazioni antifasciste si fanno carico di ospitare anche la sigla dell’ANPPIA, storica associazione dei perseguitati politici antifascisti, da tempo “in sonno” per la scomparsa dei vecchi dirigenti e per la mancanza di continuità di iscritti.
Nel 2013 l’ANPI Bari elabora, con il concorso delle ANPI di tutta la regione, il dossier Ombre nere. Il punto sul neofascismo in Puglia, che viene presentato nella sala consiliare del Comune alla presenza del presidente nazionale Carlo Smuraglia. È il primo esperimento di una indagine sulle attività dei gruppi neofascisti e neonazisti, in particolare Forza Nuova e CasaPound, che sarà ripreso e rinnovato nel 2024 dal report dell’Osservatorio regionale sui neofascismi, intitolato emblematicamente Essi vivono. Nello stesso anno 2013, per i 70 anni della strage di via Niccolò dell’Arca, Arturo Cucciolla realizza le venti pietre d’inciampo che recano incisi i nomi dei caduti. (La serie sarà completata nel 2018 con la pietra d’inciampo commemorativa per Radio Bari, che reca la firma unitaria del Coordinamento Antifascista, nel quale si concretizza il rapporto di cooperazione con ARCI, Libera, UdS, Link, Rete della Conoscenza).
Nel 2014, in occasione del 25 aprile, l’ANPI ospita la partigiana Marisa Ombra, vicepresidente nazionale, che dialoga con ragazze e ragazzi delle scuole superiori nell’aula consiliare del Comune. Pochi giorni dopo, il 29 aprile 2014, nel teatro Eliseo a Roma, l’ANPI nazionale con Carlo Smuraglia si pronuncia chiaramente contro le riforme costituzionali avanzate dal governo. È il preannuncio della dura e complicata campagna referendaria che, nel 2016, si concluderà con la bocciatura della riforma. L’ANPI provinciale di Bari ci arriverà senza Giorgio Salamanna, l’ultimo presidente partigiano, scomparso il 29 giugno 2015 a 92 anni.
Salamanna fu persona schiva e riservata, dalla fede incrollabile e dalla ferma volontà. Molti sono i suoi meriti, primo fra tutti l’avere – per così tanti anni! – tenuto in vita e rappresentato con esemplare dignità l’associazione partigiana, assicurandone in particolare il ruolo permanente di protagonista della festa del 25 aprile. E vanno ricordate anche la cura e conservazione del medagliere, dell’archivio storico (oggi intitolato alla sua memoria e gestito dall’ANPI d’intesa con la Fondazione Giuseppe Di Vagno che lo custodisce e ne garantisce l’accessibilità), della memoria e dei rapporti fraterni con le associazioni partigiane dell’altra sponda dell’Adriatico; e l’apertura ai nuovi iscritti. Un’eredità che non deve essere dispersa.
A luglio del 2015, Ferdinando Pappalardo fu eletto presidente. Ebbe inizio una storia inevitabilmente nuova, nella consapevolezza reverente di portarne con sé una lunga e grande.
Note.
1 Giorgio Salamanna, 3° parte, Vimeo: https://vimeo.com/36891392. L’intervista è stata curata da Sebastiano Gernone e Michele Sforza.
2 Eric Gobetti, La Resistenza dimenticata. Partigiani italiani in Montenegro (1943-1945), Salerno editrice, Roma, 2018, pp. 49 sgg. cfr anche il film di Eric Gobetti, Partizani. La Resistenza italiana in Montenegro, produzione ISTORETO, 2015.
3 Archivio storico ANPI provinciale Bari, sez. 1, busta 13, fasc. 404, https://www.anpi-bari.it/scheda/ Le notizie sulla attività partigiana di Salamanna e sulla prigionia in mano ai tedeschi sono tratte dallo stesso fascicolo e dalla citata intervista.
4 Semlin Judenlager in Serbian public memory, http://www.open.ac.uk/socialsciences/semlin/en/semlin- judenlager.php
5 Lucio Cecchini, Per la libertà d’Italia, per l’Italia delle libertà. Profilo storico dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, vol. I, 1944-1960, Arti Grafiche Jasillo, Roma, 1996, pp. 21 sgg.
6 Ivi, p. 21; cfr. anche Edmondo Montali, Il comandante Bulow. Arrigo Boldrini partigiano, politico, parlamentare, Ediesse, Roma, 2015, pp. 75-76.
7 Edmondo Montali, op. cit., pp. 88 sgg. Cfr. la scheda biografica di Boldrini in https://www.anpi.it/biografia/arrigo- boldrini-bulow. nel XIV congresso (2006) Boldrini ormai novantenne (era nato nel 1915) fu sostituito da Tino Casali (nato nel 1920, fu presidente nazionale fino al 2009).
8 «Gazzetta del Mezzogiorno», 3 dicembre 1944.
9 L’anno di morte va spostato in avanti. Nel 1986, in occasione del X congresso provinciale, Conte veniva ancora eletto presidente onorario dell’associazione (si veda nota 23).
10 https://www.anpi.it/biografia/raffaele-conte La stessa scheda è riprodotta in Raffaele de Seneen, Romeo Brescia, Figli sconosciuti. Il contributo dei Foggiani alla Resistenza, p. 23, Pdf non più accessibile nel web. Cfr. anche il fascicolo di Raffaele Conte nell’Archivio storico ANPI provinciale Bari, sez. 1, busta 7, fasc. 105, https://www.anpi-bari.it/scheda
11 Lucio Cecchini, op. cit., pp. 223-224.
12 Dei sette presidenti partigiani dell’ANPI provinciale di Bari (Conte, Monteleone, Laforenza, Saracino, Lerario, Guelfi, Salamanna, sono documentate le schede personali (talora molto scarne) nel portale www.partigianiditalia.cultura.gov.it; Conte, Monteleone, Laforenza, Salamanna sono presenti anche nell’Archivio storico ANPI provinciale Bari www.anpi-bari.it/memoria-resistente.
13 Sito web del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia onlus ETS, https://www.cnj.it/home/en/values/partisans/9155-straordinarie-tracce-dell-esercito-partigiano-jugoslavo-scoperte- in-puglia.html
14 https://www.anpi.it/biografia/aramis-guelfi; https://web.archive.org/web/20100508115734/http://www.anpi.it/ts/1936.htm; https://www.eletteedeletti.it/elette/del-vecchio-guelfi-ada/
15 Archivio storico ANPI provinciale Bari, busta “ANPI Bari – corrispondenza varia – minute”.
16 «La Gazzetta del Mezzogiorno», 7 dicembre 1971.
17 Minuta di una lettera a «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 24 dicembre 1976, in Archivio storico ANPI provinciale Bari, busta “ANPI Bari – corrispondenza varia – minute”.
18 «La Gazzetta del Mezzogiorno», 16 novembre 1976.
19 Minuta di lettera alla signora Ada Del Vecchio, 17 ottobre 1977, in Archivio storico ANPI provinciale Bari, busta “ANPI Bari – corrispondenza varia – minute”.
20 Minuta di comunicato stampa inviato al direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno, in Archivio storico ANPI provinciale Bari, busta “ANPI Bari – corrispondenza varia – minute”.
21 «La Gazzetta del Mezzogiorno», 10 aprile 1978.
22 «La Gazzetta del Mezzogiorno», 17 aprile 1980.
23 Così Lino Patruno presenta un passo della lezione di Spini al Teatro Piccinni di Bari: «La Gazzetta del Mezzogiorno», 29 gennaio 1984.
24 Comunicato per il X congresso provinciale, Archivio storico ANPI provinciale Bari, busta “ANPI Bari – corrispondenza varia – minute”.
25 Ivi.
26 Ivi.
27 «La Gazzetta del Mezzogiorno», 26 aprile 1992.